Prologo
La mano tremò. Il vento sferzò gli occhi. Lacrime uscirono, senza motivo, o forse sì. Ingoiò la saliva e chiuse gli occhi, si concentrò soltanto sul soffio del vento nella notte, sull’afa che gli colpiva il volto. Freya, la lince rossa, sua unica compagnia da tempo, l'unico essere vivente che gli fosse stato vicino dopo tutto quello che era successo, lo guardava, lo fissava. Negli occhi dell’animale vedeva dolore, come se stesse piangendo anche lei.
“Ehi, piccola... non fare così ti prego... mi rendi tutto più difficile...”
Freya gemette, un verso di dolore che risuonò nelle orecchie di Rigel. Ma lui ingoiò ancora la saliva e con essa anche lacrime amare. La mano che impugnava l'arma si alzò, se la puntò alla testa. Era pronto. Sì, questa era la volta decisiva. Prese un profondo respiro. Era pronto. Era pronto. Il dito raggiunse il grilletto.
Era pronto.
Un rumore. Voci in lontananza. Rigel riaprì gli occhi, assaporò il suono del suo stesso respiro. Si guardò attorno, il volto imbrattato di lacrime. Un’ombra scalò la collinetta e s’intrufolò in casa sua.
“Ehi!” gridò Rigel, abbassando l'arma e correndo su sull'erba alta. “EHI!”.
La figura si bloccò. Nell'oscurità Rigel non riuscì a scorgere niente, era come parlare con il vuoto. Tuttavia, intravide il segno che gli fece, portandosi un dito verticale contro le labbra.
Rigel tacque, senza togliergli gli occhi di dosso. Sentì ancora le voci di persone che si facevano più vicino. Rigel si mosse verso la figura, e gli puntò la pistola contro. Le si avvicinò e la bloccò con le sue braccia. Era sottile, leggera. Rigel fu sorpreso di vedere il volto di una ragazza, alla luce di un raggio di luna. Ugualmente, le tappò la bocca saldamente con una mano e per un momento si sorprese che lei non si ribellò, ma poi si ricordò del suo desiderio di stare in silenzio.
In qualche modo le voci umane si affievolirono: se la stavano cercando evidentemente avevano sbagliato direzione.
Quando tutto tornò tranquillo e silenzioso, Rigel le levò la mano dalla bocca, sempre puntandole la pistola al collo.
“Che cosa volevi fare? Questa è casa mia”.
La ragazza lo fissò, tranquilla, rilassata tra le sue braccia. Non si divincolò. I suoi occhi verde acqua marina, acquosi, restarono fissi in quelli blu del ragazzo.
“E tu? Cosa volevi fare?” ribatté seria.
Rigel sospirò e ingoiò la saliva, amara. “Sei sfacciata, questi non sono affari tuoi”.
La ragazza serrò la mascella e fece per alzarsi.
Allora Rigel la l...Read the whole post... |